Mario Donadoni & Michele Mauri
Prima della diffusione dei vegetali, la Terra era un ambiente inospitale: ossigeno quasi inesistente e tanta anidride carbonica.
Solo la fotosintesi, un colossale esperimento di trasformazione chimica durato milioni di anni e che continua ancora oggi, ha creato un atmosfera respirabile per tutti gli animali che si sono evoluti in seguito alle piante.
Si calcola che sul nostro pianeta vivano oltre tre mila miliardi di alberi. Cosa sappiamo di loro?
Innanzitutto che ci permettono di respirare, assorbendo l’anidride carbonica e liberando l’ossigeno di cui abbiamo bisogno.
Con l’albero solchiamo i mari, lavoriamo la terra, edifichiamo i tetti.
Plinio il Vecchio
Gli antichi vedevano nella foresta una riserva infinita di materia. Il termine materia deriva dal latino Mater, madre. Nella visione aristotelica della generazione la madre dava al figlio la materia del corpo. Allo stesso modo il bosco fornisce all’uomo la materia per le sue costruzioni e per i suoi attrezzi. Mater indicava infatti anche il legname ripulito da rami e corteccia, pronto per essere impiegato.
In ogni angolo del mondo dal bosco si è tratto legname pregiato per le impalcature di opere monumentali oppure travi lunghe e diritte per costruire intere flotti di navi.
Antiche foreste che al visitatore moderno paiono solo luoghi di rara quiete dove camminare e rilassarsi lontani dallo stress cittadino, sono state a lungo fonte di sostentamento per le popolazioni locali e motore dello sviluppo di intere civiltà.
Per costruire le triremi i Greci adoperarono legno di abeti e pini che crescevano in Macedonia.
Il rapporto di mutuo soccorso fra uomini e alberi favorì la nascita di potenze economiche e capolavori d’arte: i massicci tronchi delle Foreste Casentinesi, ad esempio, diedero legname alle navi pisane e alle centine per il Duomo di Firenze. Allo stesso modo gli alberi tagliati nelle fitte foreste della Val Grande furono utilizzati nella costruzione del Duomo di Milano e della Certosa di Pavia.
La foresta del Cansiglio, sull’altopiano carnico, chiamata anche “bosco dei dogi”, rivestì un’enorme importanza economica per lo Stato veneziano: fu impiegata dai maestri d’ascia locali nella produzione di imbarcazioni e remi e come legname da opera.
Secondo una suggestiva quanto efficace rivelazione, Venezia è un grande bosco rovesciato.
Gli edifici costruiti sulla sabbia non poggiano sulle classiche fondamenta, ma su milioni di pali in legno.
Il rapporto tra ingegneria-architettura e alberi è ancora oggi stretto, persino nell’architettura modernista, che ha quasi totalmente espulso il legno come materiale da costruzione. Laddove non è più presente, ne rimane in qualche modo l’effige: nelle casseforme del cemento armato. Nella versione più “brutale” del modernismo vengono lasciate grezze con impresso il segno delle assi di legno che hanno modellato il materiale. Il legno quindi, nella sua plasticità, rende possibile plasmare il cemento secondo le forme immaginate dagli architetti più audaci.
Il rapporto tra ingegneria-architettura e alberi è ancora oggi stretto, persino nell’architettura modernista, che ha quasi totalmente espulso il legno come materiale da costruzione. Laddove non è più presente, ne rimane in qualche modo l’effige: nelle casseforme del cemento armato. Nella versione più “brutale” del modernismo vengono lasciate grezze con impresso il segno delle assi di legno che hanno modellato il materiale. Il legno quindi, nella sua plasticità, rende possibile plasmare il cemento secondo le forme immaginate dagli architetti più audaci.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
San Francesco d’Assisi
Il fuoco fa paura. È un incubo ricorrente nella storia dell’umanità. Eppure senza di esso non saremmo progrediti. Di più, non saremmo umani. L’uomo si differenzia dagli altri animali solo nel momento in cui diviene padrone del fuoco. Forse fu osservando un albero in fiamme colpito da un fulmine che l’uomo scoprì il fuoco, oppure sfuggendo a una colata di lava incandescente fuoriuscita dal cratere di un vulcano. Al principio fu capace solo di mantenerlo vivo, ma in seguito riuscì a riprodurlo. Dallo sfregamento di due bastoncini di legno l’uomo creò una scintilla e accese il fuoco.Il focolare rischiarò la notte, riscaldò le grotte e le capanne. Intorno alla fiamma gli uomini rafforzarono i loro rapporti, ponendo le basi delle prime comunità. Ma il fuoco soprattutto permise la cottura delle carni e dei vegetali.
Noi esseri umani siamo le scimmie che sanno cucinare, le creature del fuoco.
Le fiamme che ardono hanno forgiato la nostra storia: dalle prime società agricole stanziali alla rivoluzione industriale. Pian piano il fuoco è uscito dai boschi ed è entrato nelle città. Per migliaia di anni e fino all’avvento dei combustibili fossili, il legno è stata la fonte primaria di energia per gli esseri umani. E in fondo, se ci pensiamo bene, anche il carbone trae origine dalla massa di alberi sepolti trasformatasi in milioni di anni. Il modo in cui esseri “primitivi” hanno ottenuto il fuoco a partire dal legno ci riporta all’infanzia dell’umanità, ma anche alla nostra. Per qualsiasi bambino accendere il fuoco è un bisogno ineluttabile: non si diventava adulti senza aver superato questa prova.
Quando l’ultimo fuoco si spegnerà, anche il tempo sarà finito
scrive Italo Calvino in Collezioni di sabbia. Per rafforzare il suo convincimento s’affidò alla battuta di un poeta:
Se un incendio stesse distruggendo la tua casa,
qual è la cosa che t’affretteresti a portare via?
Jean Cocetau rispose: «Il fuoco»