MOSTRE E INSTALLAZIONI PER RICORDARE THE FLOATING PIERS
NEL PRIMO ANNO DOPO CHRISTO

A cura di  Mario Donadoni 
Art director Raffaella Rossi
Immagini Mario Donadoni, Lino Olmo, Fiorello Turla, Carlo Borlenghi, Luca Guarnerio

A un anno dal Floating Piers, i comuni di Sulzano e Monte Isola, in collaborazione con Regione Lombardia, hanno ricordato l’esperienza che ha cambiato il volto del lago con una non-stop di 16 giorni che prevedeva mostre, video proeizioni (del Filmato Iseo Lapse), concerti, spettacoli di luci sull’acqua, street food.

PANNELLI PIAZZA MUNICIPIO SULZANO

Il fotomosaico di Christo costruito con le 69000 immagini Instagram taggate #thefloatingpiers

The Floating People: dai sommozzatori francesi, agli operai bulgari, dai vigili urbani lombardi agli steward di tutte le nazioni.
Un ritratto collettivo dei protagonisti di The Floating Piers

COSTRUIRE THE FLOATING PIERS
La mostra a Sulzano

Nei mesi che hanno preceduto l’apertura dei Floating Piers, i disegni di Christo campeggiavano nei manifesti posti nei vari paesi del lago, a ricordare l’evento imminente. Si trattava dei disegni che Christo avrebbe venduto per finanziare l’opera: pastelli e acrilici, foto in bianco e nero manipolate con l’inserimento della passerella arancione disegnata con decisi tratti molto materici e pastosi. Tutti, vedendoli, abbiamo pensato: “un conto è il disegno, la realtà sarà un po’ diversa”. A maggior ragione quando abbiamo visto nascere l’opera che, fino a poche ore prima dell’inaugurazione, aveva l’aspetto nitido e preciso di una tratto bianco: il colore dei cubi di polietilene che lo componevano.
Poi venne la data della posa della stoffa giallo dalia, avvenuta in un giorno di temporale.
Il colore brillante, le increspature lasciate dalla stoffa tenuta più abbondante rispetto alla superficie ricoperta, le caratteristiche cangianti della stoffa che, bagnata, virava verso tonalità arancio brillante: è tutto comparso in quel momento, come una rivelazione. Chi ha avuto la fortuna di assistere a quegli istanti è rimasto a bocca aperta: l’opera improvvisamente appariva identica a come Christo l’aveva disegnata con  i suoi pennelli e pastelli a cera.
600 persone all’opera, 220.000 cubi di polietilene, 100.000 metri quadri di tessuto, un’organizzazione e una progettazione capillare, la stoffa cucita per calzare a pennello ogni metro quadro di passerella, lasciando le giuste pieghe. Tutto era lì per concretizzare con grande precisione nella realtà una visione e un sogno. Il sogno concepito per la prima volta da Christo e dalla moglie Jeanne-Claude nel 1970.
Le problematiche più complicate, che hanno richiesto più calcoli, progettazione e lavoro, sono state quelle subacquee e quelle inerenti alla sicurezza e alla gestione dei visitatori.
Sul fondo del lago si trovano 190 blocchi di calcestruzzo di 5,5 tonnellate ciascuno, posati sul fondo del lago, collegati con funi e contrappesi alla passerella per conferirle stabilità e mantenere la posizione. I blocchi sono stati posati con l’aiuto di un sommergibile telecomandato e una squadra di sommozzatori specializzati, provenienti dalla Francia.
La gestione della sicurezza delle grandi masse di visitatori, in un territorio dove le vie di accesso sono limitate, è stato affrontato con studi preliminari approfonditi e una gestione della sicurezza che monitorava ogni afflusso e ogni cellula temporalesca nell’arco di centinaia di chilometri. Le documentazioni inerenti alla sicurezza occupano centinaia di pagine, sottoposte al vaglio i tutti gli enti preposti.
Jeanne-Claude è scomparsa nel 2009. Tra i motivi che spinsero Christo e riprendere il vecchio progetto dei pontili galleggianti, concepito inizialmente da Christo e Jeanne-Claude per il fiume Paranà e poi proposto anche a Tokio, vi fu senz’altro quello di rendere omaggio postumo alla moglie scomparsa. Nei giorni del Floating Piers, la firma di Christo e Jeanne-Claude campeggiava ovunque, persino sulle maniche degli steward che offrivano assistenza ai visitatori sui pontili.
Guardano queste immagini dove si vede il lavoro che è stato necessario per costruire i Floating Piers non si può fare a meno di pensare a quanto ingegno, fatica e bellezza si possono trovare in una dichiarazione d’amore lunga tre chilometri.

INVENTARE UN PAESAGGIO
La mostra a Monte Isola

Il termine paesaggio deriva da paese, ovvero luogo abitato dall’uomo.
Il paesaggio non è dato, è un qualcosa che l’umanità inventa e crea in millenni di lavoro e trasformazioni del territorio. Non solo, anche la trasformazione di un paesaggio tra i tanti in un paesaggio speciale, un’icona di luogo che tutti hanno in mente e quindi tutti vogliono visitare, è una creazione culturale.
In passato, molti paesaggi sono diventati icone grazie all’arte. Il vedutismo settecentesco ha alimentato il mito delle bellezze d’Italia del Gran Tour, creando quelle icone paesaggistiche (il Canal Grande di Venezia, il Golfo di Napoli, le rovine della campagna romana) che alimentano il turismo ancora oggi. All’epoca, la nobiltà e l’alta borghesia di tutta Europa arrivavano in Italia, dipingevano degli acquerelli amatoriali e poi compravano gli oli di qualche pittore vedutista (chi se lo poteva permettere anche Canaletto, Bellotto o Poussin). Piranesi ha venduto, più a buon mercato, migliaia di incisioni delle rovine di Roma antica, perfetto souvenir della borghesia in viaggio in cerca di classicità.
Poi è arrivata l’industria della stampa, e quella versione molto economica del vedutismo del Gran Tour che è stata la cartolina illustrata. L’industria della fotografia a disposizione di tutti, che è partita dalla Kodak per arrivare agli smartphone dei giorni nostri, ha spinto schiere di amatori a cercare di riprodurre le immagini che vedevano già sulle cartolina e sui libri illustrati, magari collocandovi se stessi e i propri cari. Queste innovazioni hanno moltiplicato esponenzialmente il numero di immagini prodotte: da qualche centinaio di quadri su olio all’anno si è passati a più di due miliardi al giorno di foto scattate e condivise con smartphone o altro.
Quanto avvenuto l’anno scorso sul Lago d’Iseo è stata un’operazione paradigmatica di creazione del paesaggio. Un paesaggio bellissimo, ma un po’ nascosto e misconosciuto se non a chi vi abita vicino, che in pochi fotografavano e ancora meno riconoscevano, è diventata un’icona identificabile in tutto il mondo. Si è trattato di una colossale operazione di invenzione del paesaggio, innescata dal gesto visionario di un artista che, su questo paesaggio, ha disegnato dei segni che poi ha avuto la costanza e la determinazione di concretizzare nella realtà.
Un milione e 200 mila visitatori, milioni di foto condivise, i selfie con lo sfondo della stoffa giallo e del lago che hanno invaso la rete, servizi in televisione e articoli di giornali, gli hashtag dell’evento ai primi posti nelle tendenze della rete del 2016.
Cosa ne ha guadagnato il territorio? Il lago d’Iseo è diventata un’icona paesaggistica: e una volta che un luogo riesce a collocarsi nell’immaginario e quindi nel desiderio dell’umanità, ci può rimanere per secoli.

PANNELLI PRESSO GLI APPRODI VERSO L’ISOLA DI SAN PAOLO

Sotto ogni immagine il codice QR rinvia al luogo preciso della foto nel tour virtuale di TFP.

L’INAUGURAZIONE DELLE MOSTRE E DELLA SOCIAL BENCH